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venerdì 28 marzo 2014

Del parrucchiere cantonese e del kung pao (broccoli e tofu)






Inizio a scrivere post a richiesta. Dovrei farmi pagare. Ci penserò su. Qualche ora fa su abbattetela.it, il Blog di una mia amichetta siciliana a Shanghai (seguitissimo), è apparso il post Parrucchieri. Letto, riletto e commentato, ma ciò che può sembrare esotico a voi lettori, può risultare un incubo a noi poveri reduci dal "paese del demonio", la Cina. Vorrei chiarire che tutto ciò che leggerete è assoluta verità, eccetto l'espressione paese del demonio, ma del mio amore per la Cina scriverò in seguito.
Era il novembre 2010. Mi trovavo a Shantou, un ridente paesino di circa 3 milioni di abitanti al confine tra il Canton e Fujian. Ero ospite della mia famiglia cinese e, come di consueto, rotolavo in pigiama e pantofole tra un piatto all'altro, in piena estasi gastronomica: la classica vacanza studio del cinese mandarino (a Shantou si parla shantounese, una variante dialettale del cantonese; del cinese mandarino mai sentito parlare). Per puro caso rotolando di fronte ad uno specchio notai uno stranissimo mocio Vileda capovolto, proprio sulla mia testa. Non era un mocio: erano i miei capelli! Sarà stata l'aria tropicale o le botte di involtini primavera a colazione, fatto sta che il mio cranio aveva sviluppato uno strano copricapo in pelo d'orso, tra colbacco e capigliatura di Bob Marley nella fase creativa.
Era ora di andare alla tosatura! Mi consigliai col fratellino cinese, Long (la mia sorellina si chiama Ling, e non ridete!), sempre attento alla moda del momento quanto lo yeti in crisi depressiva. "Ma sei matta?! Che vuoi spendere 5 euri per un beauty salon?! So' ladri!" (ebbene sì, proprio un romano in versione shantounese). Così mi portò dai suoi parrucchieri di fiducia. Una famigliola molto folcloristica (padre madre e due bambini maschi) che aveva bottega al piano terra. La bottega fungeva da negozio, parrucchiere, barbiere, pollaio, stalla e abitazione. Entrando notai subito la calda e morbida moquette, uno spesso strato scuro di barbe, capelli, peli di varia provenienza (dimenticavo, la botteguccia delle meraviglie offriva anche servizi estetici) depositatasi sul pavimento ormai scomparso, nel corso delle varie generazioni di parrucchieri, e amalgamatasi con gli sputi in una perfetta eco-bio soffice moquette. Ad attendermi la solita folla di curiosi con gli occhi a mandorla e la signora parrucchiera, piazzatasi per l'occasione proprio dietro la poltrona del taglio. Ma lasciatemi descrivere la superba dama, donna di elevata eleganza e di raffinate maniere. Quella sera doveva proprio essere tornata dalla prima alla Scala: stivaletti simil pelle argento, calze a rete del tipo tonnara, minigonna inguinale pelle di topo, top tigrato in pelo di micio indonesiano. Un accenno di trucco che avrebbe fatto arrossire un trojone della Colombo.
Non nascondo che all'inizio provai un po' di disagio, ma dopo il lavaggio accurato con annesso massaggino shiatsu e il taglio figo alla cinese moderna che se la tira (i miei capelli hanno le stesse caratteristiche di quelli della contadina cinese dello Yunnan in fase mestruale), iniziai a rilassarmi, fino a raggiungere la prima fase dell'appisolamento post traumatico. Avevo quasi raggiunto il nirvana quando accadde l'impensabile. La delicatissima contessa-parrucchiera aveva infilato contemporaneamente i mignoli, corredati da unghie della stessa lunghezza di quelle di un bradipo in calore, all'interno dei miei padiglioni auditivi, arrivando lì dove nessun essere umano era giunto prima. Furono attimi e con un movimento rotatorio sincronizzato, arrivò alle trombe d'Eustachio che iniziarono a gridare vendetta. I miei pensieri si erano azzerati, lo sguardo vacuo fissava un punto nel vuoto dello specchio. La frase "Non può essere vero!" rimbombava nelle parti vuote del cervello. Solo dopo, a casa, capii che nel prezzo del taglio e messa in piega era compresa la deflorazione, a scopo igienico, delle mie orecchie.
La ricetta del kung pao ve la aggiungo prossimamente poichè il ricordare mi ha causato una leggerissima nausea.

mercoledì 26 marzo 2014

Dell'amore ritrovato

 

E' ora. Ho esitato a lungo prima di scrivere questa mia storia, troppo intima e personale per lasciarla andare, ma alcune settimane fa è successo qualcosa che ha cambiato tutto.
Ero a Roma alla fine di febbraio. Accompagnavo il coro in cui attualmente canto, L'Esslinger Liederkranz 1827, durante il suo gemellaggio con il mio coro romano Incanto (dal momento che me ne sento ancora una componente, non voglio chiamarlo ex).
Monica, una corista romana, mi diede una bellissima pashmina arancione in regalo. "Tieni", mi disse, "è ora di aprire il terzo chakra!". Un fulmine a ciel sereno! Cos'è il terzo chakra? Ma soprattutto, da quando e come ne avevo già aperti due? Mi informai: perdo il controlo delle mie emozioni.
Il pensiero non mi abbandonò per tutta la durata del viaggio di ritorno. Reprimo le emozioni. Non le lascio fluire. Per questo a volte fuoriescono incontrollate e impetuose, come un fiume in piena, travolgendo tutto.
E Monica, era sempre lì: "Scrivi la tua storia d'amore. Non tenerla per te. Può aiutare altri". Aiutare? In che modo? Dare una speranza? Non ho la risposta, ma sono sicura che Monica abbia ragione.
Nel 1995 tornai dal mio anno Erasmus in Germania, a Muenster, nel NRW. Ripresi le lezioni all'università e, per continuare a praticare il tedesco, faticosamente conquistato, decisi di cercare un partner per un tandem, o scambio linguistico, italo-tedesco. Fu così che incontrai Chris. Me lo presento la mia coinquilina spagnola. Ricordo che eravamo a mensa e ciò che mi colpì di lui furono gli occhi, grandi e sinceri. Studiava architettura.
Sbocciò l'amore e da quel dì divenimmo inseparabili. La nostra relazione durò 6 anni, dei quali 3 passati in Germania. Non fu facile. Due personalità troppo forti unite a due età troppo giovani, per questo naufragò nel dolore.
Non ci sentimmo più. Ognuno di noi proseguì la sua strada. Nel 2006 ad una sola settimana di distanza, ci sposammo. Nel maggio 2008 capimmo di aver sposato le persone sbagliate, ma decidemmo di salvare l'insalvabile e rimanemmo legati fino a due anni fa. Tutto questo senza esserci mai sentiti una sola volta. Nell'era dei social sembra quasi incredibile.
Fino ad una telefonata fattami da Chris, qualche giorno prima di partire per la Cina, tra valigie, documenti e la frenesia delle ultime ore. Fu una bellissima sorpresa ma del tutto naturale. Parlare con lui dopo ben 10 anni è stato normalissimo, la giusta svolta da prendere, la giusta porta da spalancare per uscire alla luce, al sole.
Eravamo sempre rimasti insieme e avevamo danzato all'unisono per tutti quegli anni, che noi ora chiamiamo scherzosamente la pausa di riflessione.