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giovedì 25 settembre 2014

Di quanto io t'ami e della mousse bianca al papavero



Ricordi quando ci incontrammo per la prima volta? Eri così timida, impacciata e vestita malissimo. Sorridevi a mezza bocca e non capivo quelle parole farfugliate a metà. Un saluto, credo. Ma si può parlare in dialetto svevo? Scusami ma sembra di sentire un cane che abbai in tedesco. Poi pensa a una povera straniera come me, fresca fresca di corso di tedesco. Tedesco, non Schwäbisch! La lingua di Goethe, Schiller, Lessing e vattelappesca. E pensare che tu di questo vernacolo ne vai pure fiera. Ormai l'ho accettato, ma di impararlo, mai! Scordatelo!

E comunque abbiamo altri problemi più importanti da affrontare. La tua insicurezza ad esempio. Lo so che le tue mani ancora hanno l'odore della terra, delle vigne cariche d'uva, dei meli grondanti pomi zuccherini. A volte sotto le unghie c'è il grasso della catena di montaggio e i tuoi capelli sanno d'olio di motore, ma vergognartene, no! Perchè mai, poi? Lavori sodo. Hai accumulato ricchezze, ma onestamente, e parte delle quali investi in cultura. Non sei uno dei motori portanti dell'economia tedesca? Non hai ottenuto per ben due anni di seguito il titolo di città della cultura, del teatro e del balletto, del musical e dell'arte? Non ti curare delle tue sorelle più famose: Berlino la radical chic, Amburgo l'intellettuale e Colonia l'artista. Tu non sei da meno.

E' che non ti vanti di nulla, sempre giù, a muso duro a lavorare. E' ora di cambiare. Truccati un po' esci, mostra la "mercanzia". Chi può vantare una delle biblioteche comunali più belle al mondo, e la stazione ferroviaria sotterranea futuristica? Sì, lo so che poi stiamo spendendo più di quanto previsto, ma aspettiamo il risultato nel 2016. E poi mi hai conquistata con le tue auto. Sì, lo ammetto, sono una superficiale, ma come resistere a una Porsche o una Mercedes d'epoca? E poi custodite in quel museo!

Ce ne sarebbero cose da dire, ma perchè poi? Per avere quel riconoscimento che le persone superficiali non apprezzano? Lascia stare. Fregatene se alla gente fuori non si accende quella luce negli occhi al sentir pronunciare il tuo nome. Vanno a Berlino? E tu lasciali andare.
Stoccarda mia, tu sei bella. Hai un cuore grande perchè mi hai accolta, nutrita e apprezzata. Hai creduto in me e io oggi ti celebro. Ti rimarrò sempre fedele e racconterò di te al mondo, ovunque la strada mi porterà, perchè veramente pochi sanno apprezzarti e a noi va benissimo così.




Mousse bianca al papavero


Ricettina vegana, ma ricordo che gli ingredienti possono essere sostituiti con prodotti vegetariani.

Ingredienti per 6 persone: 


  • 600 ml di panna da montare al cocco
  • 200 gr di cioccolato bianco da copertura
  • 80 gr di margarina vegetale
  • 2 cucchiai di semi di papavero pestati nel mortaio
  • 4 - 5 cucchiai di liquore all'arancia (facoltativo)

Procedimento:


Sciogliere a bagnomaria il cioccolato con un po' di acqua, mescolare ogni tanto con un cucchiaio di legno. L'acqua all'esterno NON deve bollire. Togliere dal fuoco se necessario. Aggiungere la margarina e mescolare con una frusta. Lasciare raffreddare un poco, ma non completamente altrimenti vi ritroverete un bel cioccolatone duro e tondo, incrostato nel pentolino.

Montare la panna e aggiungerla delicatamente al cioccolato aiutandovi con la frusta. Aggiungere a cucchiaini e continuando a mescolare, anche i semi di papavero e il liquore, se vi piace. Il composto deve rimanere soffice e spumoso.

Dividere la crema in stampini e metterli in frigo. Dovranno rimanerci almeno 5 - 6 ore. Non pappateveli prima, altrimenti che piacere è?





lunedì 15 settembre 2014

Del come imparare il tedesco senza spostare il sederino da casa e delle quesadillas alle mele e noci


Sì, avete letto bene il titolo: il tedesco, come ogni altra lingua (fatta eccezione per l'alto bergamasco), può essere imparato da soli, senza mai essere andati in terra teutone, senza aver mai avuto un fidanzato/fidanzata crucchensis e spendendo relativamente poco (mi riferisco all'acquisto del materiale di studio).
No, non è necessario il divino Otelma, ma una grandissima dose di motivazione e un'altrettanta mole di buona volontà, dopodichè siete già a metà dell'opera. Vi avverto, non sarà affatto facile, sputerete sangue su quei libri, ma il risultato vi lascerà di stucco. Ve lo assicura una che così sta studiando il cinese mandarino e il giapponese spinto. Ma procediamo per gradi.

Il percorso fondamentale


Avete mai sentito parlare del Pimsleur? Non è un lassativo, ma un metodo per l'acquisizione di una lingua straniera che stimola quei meandri del cervello una volta utilizzati per l'apprendimento della lingua materna. Figo no? Sono ancora lì, almeno lo spero per voi (anche se di qualcuno non sono tanto sicura) e non vedono l'ora di essere riutilizzati dopo l'ultimo invio neuronale-sinaptico: pupù - cambiare pannolino.
Si tratta di tre volumi, ciascuno contenente 30 lezioni, per un totale di 90. Ogni lezione consiste di un file audio della durata di 30 minuti. Nessuno scritto, nessuna grammatica, nessun esercizio. Ciò che si richiede allo studente è di ascoltare una lezione al giorno e di ripetere dopo la voce madrelingua registrata. 
"Niente di più facile!" esulterete voi. E invece no! E' qui che casca l'asino! Innanzi tutto non otterrete nessun risultato se non completerete una lezione ogni giorno. Saltatene una e dovrete ricominciare da capo, ve lo posso assicurare. Quindi, armatevi di santa pazienza e considerate i prossimi tre mesi di clausura: il Pimsleur sarà il vostro unico dio.
Un altro fattore determinante per raggiungere l'obiettivo è ripetere ad alta voce, per cui smettete di snocciolare il rosario e attaccate un bell'acuto alla Callas, non importa se siete in metro, autobus o al funerale del povero zio Peppino.

Il nostro bel percorso base solo con il Pimsleur non è completo. Come avrete certamente intuito il nostro caro P (ormai siamo amici di lunga data) fa miracoli dal punto di vista della competenza orale e auditiva della lingua, ma vi lascia totalmente analfabeti. Per questo abbiamo bisogno anche del corso classico generale: libro di testo e CD/DVD, per evitare di entrare in sauna nel giorno unisex (e non il nostro), fregandocene del cartello giallo a caratteri cubitali posto all'entrata.
A questo punto potete sbizzarrirvi e scegliere il corso che più vi piace e che ritenete più adatto a voi. Personalmente utilizzo la serie Teach Yourself Complete.
Iniziate a studiare il corso generale lentamente, a piccoli passi (spararsi 30 pagine in poche ore non solo è inutile ma vi farà sembrare eroinomani in crisi d'astinenza), ma costantemente. Come diceva la buon'anima della mia maestra delle elementari (non è passata a miglior vita, fa solo la suora in pensione): "Almeno 45 minuti di studio ogni giorno. Se avete più tempo da dedicargli, ancora meglio". Fidatevi e ne vedrete delle belle. Altro che San Pietro sui roller blade!

Prossimamente concluderò il tema parlandovi del percorso accessorio. Nel frattempo, tra un dativo e un gerundio, sollazzate il palato con le quesadillas alle mele e noci.

In bocca a lupo e ditemi com'è andata.


Quesadillas alle mele e noci


© PhamFatale.com

Ingredienti per 4 commensali:

  • 200 g di Gouda o di formaggio di capra
  • una mela
  • 100 g di rucola
  • 4 cucchiai di noci
  • 4 tortillas
  • 4 cucchiaini di senape
  • sale e pepe
  • olio EVO
  • yogurt grasso per servire (yogurt bianco, gusto leggermente acido, bello compatto) 
 

Procedimento:


Grattugiate il formaggio usando una grattugia a fori grandi. Sbucciate la  mela e tagliate tanti spicchi sottili. Lavate la rucola, centrifugatela e spezzetatela.

Spiaccicate le tortillas sul piano di lavoro e spalmatene solo una metà con la senape. Sempre su quella metà ponete delicatamente il formaggio, la mela e la rucola. Salate e pepate a piacere. Coprite con la restante metà libera e schiacciate leggermente.

Ponete delicatamente le quesadillas in una padella con olio ben caldo e cuocetele da entrambe i lati fino a che non si doreranno.

Tagliatele a quadrettoni con un coltello affilato e servitele calde con lo yogurt.



mercoledì 10 settembre 2014

Della giornata nazionale dell'immigrazione

© Deutsche Presse Agentur
Odio scrivere di getto, ma se non lo facessi ora mi rimarrebbe un peso sull'anima per il resto della giornata. Sono posseduta dal demone della scrittura profonda. Quindi, lasciatemi sfogare!

Come ogni mattina mi siedo alla scrivania del mio studio, cisposa, in pigiama e con la pressione sotto i tacchi, come si dice dalle mie parti. Tra una tazza di caffè e l'altra chatto con le amichette, controllo la posta e leggo qualche articolo di giornale. Stamattina ho scoperto che oggi, in Germania, "potrebbe" essere la giornata nazionale dell'immigrazione, ma non lo è.

Esattamente il 10 settembre 1964 un tale Armando Rodrigues de Sa, scese con la sua bella valigia di cartone alla stazione di Colonia "Köln-Deutz", dopo un interminabile viaggio in treno dal Portogallo.
Era uno dei tanti sfigati che fuggivano da un paese sotto la dittatura militare salazarista, con la speranza di un futuro migliore per sè e la sua famiglia.

Sicuramente Armandito fu il solo Gastarbeiter ("lavoratore ospite") a essere accolto da una folla acclamante sulla banchina. Era il milionesimo migrante in Germania del dopoguerra. Non male come inizio, no?

Quando sono scesa io dal camioncino partito da Roma, con tutti i miei mobili, libri e gatto, stanca e stressata da tutte quelle ore di autostrada, non c'era il comitato di benvenuto, ma la mia emigrazione, come quella di tutta la mia generazione, è una passeggiata su pony (come si dice da queste parti), comparata a quella dei nostri nonni. Non la cambierei mai per la loro. Mai!

Si calcola che ad oggi in questo paese vivano 16,3 milioni di persone con Migrationshintergrund, cioè con background migratorio (si può tradurre così?). La maggioranza di questi è perfettamente integrata: parla il tedesco a livello madrelingua, lavora, possiede una casa, vive in pace e tranquillità, e molti hanno messo su famiglia con gli autoctoni. Figliando, ne hanno migliorato l'aspetto fisico e intellettivo. E' anche grazie ai loro sacrifici e al loro lavoro che questo paese può vantare una buona stabilità economica e sociale.

Sono qui da quasi tre anni. Se aggiungiamo i sei del "primo episodio" ne otteniamo nove. Dopo tutto questo tempo di osservazione sono sempre più convinta che l'integrazione è l'unica risposta al problema europeo dell'immigrazione.

Non guardiamo questa gente come dei nemici, ma diamogli la possibilità di realizzare le loro idee, le loro speranze. Ci guadagneremo tutti. Loro impareranno da noi e noi impareremo da loro nuovi modi di pensare, di vivere e di affrontare i problemi.

E' difficile, sono d'accordo. Per questo capisco gli attacchi di panico della popolazione quando nel 2010, l'allora presidente tedesco Christian Wulff dichiarò: "Der Islam gehört inzwischen auch zu Deutschland", "Intanto l'Islam appartiene anche alla Germania". Statece! Un'affermazione del genere, per me, significa che tra di noi, europei occidentali, ultimamente sono giunte altre religioni, tra cui l'Islam.

Non è la prima volta nella storia del mondo in cui diversi gruppi etnici e religiosi vengono a contatto, e non sarà neppure l'ultima. Il mondo cambia, i paesi cambiano, la nostra vita cambia. Le migrazioni esisteranno sempre, nel bene e nel male, nulla è immutabile. Ma ciò che deve rimanere è la consapevolezza che capire e accettare è l'unica soluzione. Da entrambe le parti. Farsi prendere dal panico e dalla violenza non risolve nulla, anzi, forzerà il processo e lo renderà doloroso per tutti, creando estremismi, come negli ultimi anni.

Domani sarà l'11 settembre. Un evento terribile, che nessuno di noi dimenticherà mai. Come non dimenticheremo anche il 1° settembre, il primo giorno di scuola a Beslan. A me piacerebbe che si ricordasse anche il 10 settembre: l'arrivo del milionesimo emigrante in Germania, così, forse, in futuro, avremo meno anniversari orribili da ricordare.

L'articolo su Spiegel Online che mi ha ispirata.

giovedì 4 settembre 2014

Del cosa mangiano i tedeschi e dell'hummus alle rape rosse

© wurstgott.de



Era il lontanto 1996. Avevamo appena finito il consueto pranzo della domenica in famiglia. Ricordo che era stato appena servito l'ammazza-caffè. Mi alzai e comunicai al parentame riunito la mia decisione di trasferirmi definitivamente in Germania, la terra dei crucchi. "Oddio!", gridò mia madre, "Ma cosa mangerai?! Non conoscono manco la parmigiana! E tu hai pure il "problema" di essere vegetariana!". Ansimando si attaccò alla tenda della sala da pranzo, in stile eroina dei film muti anni '30, mentre mio padre correva tarantolato in cerca dei sali.

Come incoraggiamento non fu proprio dei migliori.

So cosa state pensando: la cucina tedesca si fonda su due ingredienti base, Wurst e crauti, e i tedeschi ci sono così affezionati che su quei due hanno creato una gamma di variazioni infinite. Nei ristoranti tradizionali tedeschi trovi Wurst di ogni tipo, dimensione e colore. Tutti buonissimi, ve lo conferma una vegetariana.

Anche io la pensavo così all'inizio, ma, come in tante altre cose, ho dovuto ricredermi. A partire dagli anni '80 in terra teutone si è andata sviluppando una nuova cucina "tedesca". Ancora oggi in fase sperimentale, ma che ha già dato dei grandi risultati e promette altre meraviglie. Si tratta di un ibrido fra cucina mediterranea e asiatica, con una nota latino-americana. Insomma, cucina fusion, "de tutto un po'".

E' frutto di studi approfonditi durante i numerosi viaggi "zaino in spalla", tipici dei nostri cari amici teutoni, a partire proprio dagli anni '70. Ve la ricordate da bambini, la famigliola bionda e ustionata, in spiaggia, accanto al vostro ombrellone? Quando durante il pranzo della domenica al mare , la nonna apparecchiava per 15 sull'asciugamano grande, e tirava fuori la lasagna, la coda alla vaccinara, l'impepata di cozze e il tiramisù? La famigliola crucca non stava solo sbocconcellando il suo Wurst fissandovi, ma prendeva anche appunti. Vi spiava!

Le spie venute dal profondo nord erano disseminate su ogni metro quadrato di globo terrestre in cui si mangiasse bene. Mandate in missione top secret da qualche eminenza grigia, non meglio identificata, ma sicuramente stanca di tutte quelle salsicce e crauti a colazione, pranzo e cena. Come si dice dalle mie parti "se li tiravano 'n faccia".

Oggi, all'inizio del XXI sec, esistono ristoranti "tedeschi" in cui si mangia sano e bene. Verdura e frutta la fanno da leoni, ma anche carne e pesce non scherzano. Ovviamente tutto rigorosamente biologico.

Anche i vegetariani e i loro cugini più sfigati, i vegani, hanno smesso di brucare l'erba nel parco insieme alle pecore, e ora possono rifornirsi in diverse catene di supermercati bio. Sparsi ovunque, peggio dell'IKEA. All'interno il personale rasta e scalzo (se vai in giacca e cravatta e fresco di doccia manco ti fanno entrare) gira tra gli scaffali parlando alla frutta e sorridendo allo yogurt al germe di grano. Ogni tanto si ritirano in meditazione nel banco frigo.

E ora beccatevi la ricetta in tono.
 
Post pubblicato anche su Italiansinfuga.

Hummus alle rape rosse


© findingvegan.com

Ingredienti:

  • 1 rapa rosa cotta e spellata
  • 3 cucchiai d'olio vegetale
  • 1/4 cup di noci tritate finemente
  • 1 cucchiaino di scorza grattugiata di limone
  • 1/4 cup di acqua
  • 2 cucchiai di succo di limone
  • 1/2 cucchiaino di sale
  • 3/4 di cucchiaino di pepe
  • 425 di ceci bolliti e scolati

 

Procedimento:


Preriscaldate il forno a 200 °C.

Tagliate a pezzetti la rapa e fatela saltare in padella con un l'olio per qualche minuto. Salate.

Mettete la rapa nel solito robottino (che è anche il vostro miglior amico) con tutti gli altri ingredienti e frullate finchè non avrà la consistenza di una pappetta soda. Se dovesse essere troppo densa, aggiungere altra acqua.

Vi consiglio di aggiungere l'acqua a piccole dosi, in modo da regolarvi sulla consistenza.

Questo hummus è ottimo sul il pinzimonio, proprio come nella foto.
E il forno? Niente, è meglio cucinare col teporino, no?

Buon appetito!